Sguardi di Famiglia

"Possiamo dire che a casa di ciascuno di noi c’è un archivio fotografico"
Dimitri Brunetti, Il fascino delicato della fotografia

Accanto ai materiali provenienti dagli archivi istituzionali della città e delle nuove campagne fotografiche commissionate dal Comune di Modena, vengono presentate su questa piattaforma, identificate dal pallino color porpora , anche fotografie provenienti dagli album di famiglia e dagli archivi personali dei cittadini.
La raccolta delle foto di famiglia avviene tramite una call pubblica, con cui arricchire il racconto fotografico dei quartieri della città e coinvolgere i cittadini in un processo aperto con cui diventare parte della memoria novecentesca di Modena.
La presenza di queste immagini consente non soltanto di osservare la vita degli abitanti della città, ma anche di analizzare i cambiamenti urbani da una prospettiva differente da quella più istituzionale documentata dalle fotografie degli archivi cittadini.  

La società in cui viviamo ci sottopone quotidianamente ad una iper esposizione alle immagini, che caratterizza ormai a pieno titolo l’esperienza sociale e visiva contemporanea.
Per questo, raramente ci soffermiamo a riflettere su quanto la prodigiosa invenzione della fotografia sia stata una svolta epocale nella storia dell’umanità, affermandosi quale fonte estremamente affidabile nel descrivere ciò che ci circonda e sviluppando una funzione di sostegno al ricordo e alla documentazione.

Tra i generi fotografici che si affermano più rapidamente abbiamo il ritratto, che sostituisce gradualmente quello pittorico – esclusivo appannaggio delle classi più abbienti – e rende quindi accessibile questa testimonianza della propria identità e della propria vita. Anche per i ceti meno abbienti o meno istruiti, diventa un mezzo di autorappresentazione immediato e spontaneo.


Oltre a queste immagini fotografiche più individuali, tra ‘800 e ‘900 nasce una nuova forma di ritratto domestico: gli album di famiglia, composti da fotografie scattate da persone comuni in situazioni di vita quotidiana, per uso personale.

A seconda della prospettiva dell’osservatore a cui viene mostrato il materiale, le fotografie di famiglia possono avere valore di testimonianza privata o pubblica, sia che si tratti di immagini appartenenti alla propria famiglia o al proprio contesto di provenienza, sia che siano immagini altrui: da un lato memoria privata e familiare, dall’altro fonte e documentazione della storia passata.

Gli archivi familiari sono spesso multigenerazionali perché vengono tramandati tra nonni, genitori e figli, spesso frammentati, incompleti e conservati in modi inusuali: in alcuni casi le fotografie vengono esposte all’interno di preziose cornici che popolano le abitazioni dei membri della famiglia, trasformando la casa stessa in album fotografico esteso. Altri preferiscono degli album, da corredare con didascalie, date e altre iscrizioni, oppure ancora le foto vengono incastrate nelle cornici dei quadri di casa, o nei bordi delle vetrinette. Infine, altri ancora considerano le immagini familiari come qualcosa di estremamente intimo e privato, per cui preferiscono conservarle in scatole di cartone nascoste dentro gli armadi, celandole così alla vista di eventuali visitatori.

 

Indipendentemente dalla modalità di conservazione, le fotografie di famiglia diventano attestazione preziosa dei processi e cambiamenti storico-sociali.
Prima tra tutti, è proprio l’evoluzione della famiglia in sé, con la costruzione della famiglia coniugale intima tra ‘800 e ‘900 ad essere catturata nell’ambito degli archivi fotografici familiari, prima nella borghesia urbana e poi successivamente tra le classi lavoratrici e rurali. Si crea quindi un rituale socio-familiare, di cui la fotografia diventa veicolo della memoria.

Tramite le testimonianze fotografiche possiamo anche analizzare le differenze sociali: ad esempio, i ritratti borghesi sono quasi sempre all’interno dei salotti – perché la casa è il luogo per eccellenza della rappresentazione familiare – mentre nelle zone più di campagna i ritratti sono spesso all’esterno, nell’aia delle cascine o davanti alle porte.
La fotografia, quindi, entra nelle case a testimonianza della vita familiare e degli eventi che trasformano la quotidianità, come battesimi, cerimonie e matrimoni, ma anche del tempo libero con gite e vacanze: gli album costituiscono una risposta all’angoscia per il presente e l’incertezza del futuro.

 

Nel secondo dopoguerra, grazie a tecnologia, sviluppo economico e immaginario sociale, gli istanti fotografici si moltiplicano, registrando così una vera e propria scansione della vita familiare.
Si fissano quindi evoluzioni sociali-economiche come l’accesso ai mezzi di trasporto privati – immortalato con la classica foto di famiglia sull’auto in cortile – oppure le prime televisioni nelle case italiane, i cambiamenti nell’abbigliamento, nel tempo libero e tanto altro.

Nelle immagini fotografiche entrano spesso verità e informazioni incidentali – come i cambiamenti riportati sopra – che in questo caso attirano l’attenzione del ricercatore molto più del soggetto principale che si è messo in posa per lo scatto.
Infatti, con l’affermarsi del rituale socio-familiare, che rende matrimoni, battesimi e vacanze i protagonisti indiscussi degli album di famiglia, le fotografie sono per la maggior parte all’aperto, davanti alle chiese, in piazza o per strada.
Queste immagini difficilmente isolano il soggetto in primo piano, per cui si ha una compartecipazione anche della comunità locale, oltre che un’importantissima scansione fotografica del tempo e dello spazio della città.
Il senso del tempo e dello spazio dei luoghi, poi, può essere restituito anche dall’accostamento di singole fotografie tra loro.


Così, oltre ai protagonisti diretti e “indiretti” di queste immagini, entrano a farne parte anche scorci di città, edifici pubblici e privati, insegne di attività commerciali, strade, piazze, mezzi di trasporto, negozi e tanto altro.

Ancora una volta, quindi, il valore documentale dell’immagine fotografica si afferma in modo deciso, consentendoci di ricostruire non solo i cambiamenti sociali, ma anche le trasformazioni del territorio, degli spazi urbani e del paesaggio, testimoniando le evoluzioni architettoniche, ma anche dando prova dell’esistenza di luoghi che non esistono più, o sono mutati profondamente.

(MDT)