Documentare Modena
La fotografia come mezzo di conoscenza del mondo
La fotografia sa da molto tempo di essere uno strumento di conoscenza del mondo. Almeno dal 1878, quando il fotografo inglese Eadweard Muybridge riuscì a trovare la risposta inconfutabile alla domanda se i cavalli galoppassero sollevando tutte le quattro zampe contemporaneamente da terra. La fotografia vide (e documentò) ciò che l’occhio umano, pur con la massima attenzione, non era stato in grado di cogliere.
Da questa esperienza si sarebbe potuto ricavare l’assunto che l’occhio umano, per quanto sano e allenato, non potrà mai competere con il mezzo tecnologico della fotografia che quindi “conosce meglio” e si presta a documentare ogni dettaglio della realtà con cura scientifica.
Ma questa consapevolezza non era ciò a cui principalmente guardavano i fotografi: il prevalente interesse per ciò che era artistico, curioso o venale orientava in genere l’utilizzo del mezzo.
Anche se la finalità di documentazione non è assente nella storia della fotografia (pensiamo ad esempio alla campagna promossa dalla Farm Security Administration per combattere la povertà negli anni della grande Depressione americana) è solo negli anni Settanta del secolo scorso che questa finalità diventa oggetto di riflessione puntuale, ricerca sistematica, progettualità e inventariazione.
In questa storia Modena ha avuto un ruolo da protagonista.
Nel 1979 si tenne a Modena il convegno La fotografia come bene culturale, nel quale si proponeva la realizzazione di un modello unico di scheda di catalogo in cui sarebbero state annotate le informazioni riguardanti l’oggetto fotografia, ma soprattutto si riconosceva e valorizzava il ruolo dell’immagine fotografica “destinata a produrre un bene culturale, a documentare uno specchio sociale, un arredo, un abito, un atteggiamento, un paesaggio.” (Giancarlo Susini, 1991).
Nello stesso anno l’artista modenese Franco Vaccari pubblicava il libro Fotografia e inconscio tecnologico, dove la fotografia e il mezzo fotografico compaiono come attivi e autonomi strumenti dell’arte concettuale. Vaccari, evidenziando quanti dettagli la macchina raccoglie senza che il fotografo ne sia consapevole, arriva a dire: “Non è importante che il fotografo sappia vedere, perché la macchina fotografica vede per lui” (Franco Vaccari, Fotografia e inconscio tecnologico, Modena, Punto e virgola, 1979).
Cogliendo queste diverse sollecitazioni, il Comune di Modena guardava con nuovo interesse alle collezioni fotografiche negli archivi dei suoi Istituti culturali e promuoveva una ricerca quantitativa e qualitativa, diffusa in seguito attraverso una mostra e una pubblicazione dal titolo Antiche fotografie nelle collezioni modenesi (Antiche fotografie nelle collezioni civiche modenesi, presentazione di Andrea Emiliani, testi di Rossella Ruggeri, Modena, Ufficio audiovisivi e grafica del Comune, 1981).
Contemporaneamente riservava anche a un altro medium un’attenta valorizzazione sotto l’aspetto documentale: la cartolina illustrata (Visita alla città nel tempo. Modena dalla fine dell'Ottocento alla seconda guerra mondiale attraverso la cartolina illustrata, a cura di Aldo Borsari e Clara Ghelfi Roncone, Modena, [s. n.], 1981).
Ma già in precedenza c’erano stati concreti segnali dell’interesse della città per il rilievo fotografico condotto con rigore documentaristico quasi scientifico.
Nell'agosto del 1973 Paolo Monti rivolge l'obiettivo 35mm decentrabile della sua Nikkormat FTn sul centro storico della città di Modena, dopo avere già rilevato il centro di Bologna. Si tratta di una documentazione capillare che consisterà alla fine di oltre 2000 scatti e che costituisce un patrimonio di conoscenza dello “stato di fatto” della città di straordinario valore. Lo scorso anno il Comune di Modena ha voluto celebrare il cinquantenario di questa impresa con la mostra Paolo Monti e Modena / 1973 – 2023 dove gli storici scatti sono stati messi a confronto con il paesaggio attuale attraverso nuovi scatti di Francesco Fantoni. La mostra è parte di un progetto più ampio di valorizzazione del fondo Monti che attraverso una piattaforma digitale online permette di navigare tra le 1692 fotografie in bianco e nero e le 504 diapositive a colori che costituiscono il ponderoso lascito di Monti a Modena e confrontare come è cambiato il centro storico negli ultimi cinquant’anni.
Negli anni di fine millennio continua e si intensifica la pubblicistica che riscopre le fotografie storiche e rilegge nel loro solco le trasformazioni della città, ma anche temi specifici o aspetti della società. Un esempio è la serie di otto volumi sul centro storico Fotocronache modenesi pubblicata a partire dal 1993 da Giuseppe Panini (Edizioni ARMO) e la pubblicazione Cento anni di lavoro: immagini per la storia del movimento operaio, 1860-1960, a cura della CGIL modenese (Mazzotta Editore, 1991). Anche la cartolina segue a ruota con la serie di interessanti pubblicazioni di Alessandro Simonini e Michele Smargiassi.
Il nuovo millennio produce una svolta con la nascita delle Raccolte Fotografiche Modenesi che, grazie alla sterminata collezione di Giuseppe Panini, offrono uno straordinario patrimonio visivo di immagini realizzate da autori emiliani tra il 1860 e il 1950 e di interi fondi fotografici e documentari di diversa provenienza, a cominciare dal materiale degli studi modenesi Orlandini, Bandieri e Giberti. Il Fotomuseo che lo conservava produsse in una decina d’anni una quantità di preziose mostre e pubblicazioni che diffondevano la conoscenza di sezioni di quell’inesauribile giacimento.
La fotografia storica non ha mancato neppure di ispirare fotografi molto noti che hanno realizzato interessanti riletture, a partire da Modena dentro le mura di Franco Vaccari (Luigi Francesco Valdrighi, Modena dentro le mura, a cura di Franco Vaccari, Tipografia P. Toschi e C., Modena, 1970) fino a Modena ieri, Modena oggi di Franco Fontana (Franco Fontana, Modena ieri, Modena oggi, testi di Michele Smargiassi, Modena, Associazione Giuseppe Panini Archivi modenesi, 1998), oppure di stimolare nuove visioni come in occasione della mostra organizzata dall'Amministrazione comunale Gli occhi sulla città. Il centro storico di Modena nella fotografia contemporanea: Gabriele Basilico, Mimmo Jodice, Olivo Barbieri, Luigi Ghirri (Gli occhi sulla città. Il centro storico di Modena nella fotografia contemporanea: Gabriele Basilico, Mimmo Jodice, Olivo Barbieri, Luigi Ghirri, Milano, Motta, 1994).
Fotografia come propaganda
Questo intenso lavoro ha tuttavia riguardato in modo quasi esclusivo il centro storico, per il suo indubbio valore e anche per la riconoscibilità che la maggior parte delle strade e degli edifici conservano, tale da consentire identificazioni e raffronti. Non così per le periferie sorte dal nulla.
Stimolato dalla mostra Tra la via Emilia e il West. Sessant’anni di storia del quartiere San Lazzaro di Modena, a cura di Rossella Ruggeri, voluta dalla sezione locale del Partito Democratico e realizzata a partire dalle immagini fotografiche delle raccolte storiche, il tema che si pone ora l’Assessorato alla Cultura con il progetto Sguardi Civici è di esplorare la città “fuori dal centro”, indagando e recuperando tutta la storia possibile, dalle narrazioni remote ai primi interventi insediativi, le lottizzazioni e i piani urbanistici, la crescita urbana, ma anche la crescita sociale, il contributo che ogni singolo quartiere ha dato alla costruzione della città che conosciamo oggi.
L’arco di tempo in cui si concentra questa più vivace e popolata vita dei quartieri inizia nei primi decenni del Novecento - e nella maggior parte dei casi coincide con il ventennio fascista - per proseguire con gli anni della guerra e del dopoguerra, del boom economico e industriale, delle intense trasformazioni degli anni Sessanta e Settanta e infine giungere fino ai giorni nostri attraversando le contraddizioni, le conquiste e le perdite che tutti conosciamo.
Per raccontarla viene in aiuto soprattutto il materiale prodotto nel ventennio quando i quartieri della periferia cittadina erano appena nati e avevano iniziato a svilupparsi delineando una nuova fisionomia e un diverso carattere della città. Il fascismo è stato ossessionato dalla propaganda e ciò mette a disposizione un materiale molto ampio realizzato con discutibile finalità (pensiamo all’Istituto Luce e ai suoi 30.000 filmati) che tuttavia non perde per questo il significato e il valore di documentazione e testimonianza. Anche gli anni del dopoguerra hanno goduto di una qualche attenzione fotografica e ancora di più quelli del boom edilizio e del risveglio sociale. Invece a partire dagli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso è ben poco praticabile la ricerca di documentazione cartacea o digitale che consenta di tirare i fili della storia locale e di documentarla con immagini, lasciando una specie di “vuoto iconografico” dei decenni a cavallo del millennio.
I giacimenti
I due fondamentali giacimenti di immagini su cui è costruita la piattaforma Sguardi civici sono le collezioni di Giuseppe Panini, depositate presso Fondazione AGO, e di Umberto Tonini presso la Biblioteca comunale di Storia dell’arte e dell’architettura Luigi Poletti.
A queste raccolte di appassionati collezionisti, che riguardano il periodo dalla fine dell’Ottocento alla metà del secolo scorso, si sono aggiunte le raccolte degli studi fotografici e dei committenti pubblici (in primis Ufficio Stampa di Comune e Provincia di Modena) che documentano il periodo successivo, fino agli anni Novanta e più recentemente le fotografie di proprietà di Fondazione di Modena.
Il Comune di Modena ha avuto la lungimiranza di acquistare un milione di negativi fotografici dello studio Botti e Pincelli che raccontano cinquant'anni di storia modenese. Lo Studio Botti e Pincelli lavorò per alcune testate giornalistiche locali e per committenze pubbliche del Comune e della Provincia di Modena e di alcune aziende municipalizzate, ma anche per aziende private, con una importante produzione di fotografie industriali. Un giacimento prezioso che nel 2025 sarà oggetto di un primo intervento di di catalogazione e digitalizzazione per renderlo un patrimonio pubblico fruibile dalla collettività.
Nella piattaforma, oltre alle immagini, sono confluiti anche studi e contributi pubblicati in disparati contesti, selezionati da diverse fonti e poi ricomposti in testi di sintesi e di equilibrio tra un linguaggio divulgativo e uno più settoriale e caratteristico di specifici ambiti.
(RR)